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43 anni fa a Parigi con un libro

Alfred Sauvy 1983

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Avevo vent'anni quando sono stato per la prima volta a Parigi. Vedere Parigi era il sogno della mia giovinezza. Avevo cominciato a studiare il francese a 15 anni ed ebbi la fortuna di avere un professore di francese che mi fece amare la lingua e la Francia. Sono stato suo allievo per 4 anni all'Istituto Tecnico per ragionieri di Casamicciola e già seguivo gli avvenimenti francesi comprando "Le Monde" e "Le Figaro" per leggere le "conferences de presse" del Presidente Charles de Gaulle.

Anche se il professore, Biagio Lauro – si chiamava così e non l'ho più visto da allora – ci lasciò proprio all'ultimo anno perché perdette la cattedra a favore di un collega più anziano i suoi insegnamenti fondamentali mi permisero di fare un ottimo esame di stato nel luglio del 1968 e prendere un bel 8 in francese.

Mi iscrissi alla facoltà di economia e commercio di Napoli ed ottenni anche, per la mia media dei voti e il basso reddito di mio padre che era un artigiano, il cosiddetto "presalario" cioè una borsa di studio di 500mila lire. Li impiegai per vedere Parigi. Avevo già fatto la metà degli esami del primo anno e soprattutto i due esami di Economia Politica con il prof. Giuseppe Palomba. Furono gli esami che mi cambiarono la vita. Divenni socialista ma a metà strada tra il liberalismo ed il collettivismo e tra Marx e Keynes preferivo il Lord inglese.

"Se tu sei stato a Parigi da giovane essa ti accompagnerà per tutta la vita perché Parigi è una Festa Mobile" ha scritto Ernest Hemingway nel suo ultimo romanzo. E' vero. Non la dimentichi più.
A Parigi – alloggiavo con un collega universitario in una piccola pensione a Place d'Italie – restai due settimane nel marzo del 1970 e dalla mattina fino a sera andavo in giro per piazze, vie e monumenti.
Alle Gallerie Lafayette comprai un libro di Alfred Sauvy impressionato dal titolo: "Le socialisme en liberté". Cominciai a leggerlo con attenzione, come con estremo impegno per tutta la vita ho cercato di capire come è possibile coniugare libertà e giustizia sociale.
Ogni volta che mi pongo il quesito fondamentale – libertà e giustizia sociale possono andare insieme o l'una esclude l'altra? – mi ricordo del libro di Sauvy.
Nell'occasione di queste elezioni politiche del febbraio 2013 dove il Movimento delle 5 stelle di Beppe Grillo ha ottenuto un enorme successo tanto da essere determinante, con 100 ed oltre deputati e 50 ed oltre senatori, per dare un Governo all'Italia in questo momento di crisi drammatica, sono andato a riprendere il libro di Sauvy dallo scaffale della mia biblioteca.
Poiché i grillini usano un linguaggio rozzo e volgare nei confronti di tutti soprattutto di coloro che si definiscono di sinistra ed hanno votato per il centro-sinistra mi sono interrogato anche sul percorso di vita della mia generazione sessantottina.
Che tipo di società abbiamo creato? Abbiamo fatto abbastanza per cambiare la società? Cosa diceva Sauvy nel 1970?
"Davanti alla costruzione di una società più umana e più giusta gli uomini si dividono in due categorie: quelli che non la vogliono e quelli che non sanno. Così l'ignoranza dei secondi serve al conservatorismo dei primi.
I più ardenti difensori della scienza e della cultura sono troppo spesso i meno pronti allo sforzo ingrato della conoscenza in materia sociale. E così che i più ardenti contestatori sono poco inclini all'auto contestazione, la prima di tutte, e che i ferventi partigiani della democrazia non sono riusciti ancora a mettere il loro spirito in democrazia interiore...."
Lo diceva Sauvy 43 anni fa e sembra oggi.
Sognava un "Socialismo Illuminato" per "permettere agli uomini di camminare con fierezza non soltanto sulla luna ma sulla terra".

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